delfico punto it - l'abruzzo e l'abruzzesistica - storia, bibliografia, fotografie, documenti  - a cura di fausto eugeni

 

www.delfico.it

delficopuntoit - l'abruzzo e l'abruzzesistica

www.delfico.eu




 

Indice dei testi | home page

 

Raffaele Aurini

Il padre della storia teramana. Mutio De' Mutij

in "La Tribuna", 5 maggio 1936;

 

L'anno scorso ricadeva il quarto centenario della nascita di Muzio Muzii, uomo d'ingegno singolare e d'animo eletto, che con la sua opera, frutto di non lieve fatica, non poco ha contribuito alla storiografia municipale; ma purtroppo l'anniversario è passato inosservato. Tale dimenticanza ci spinge a ricordare - per quel che ci consente lo spazio - alcuni tratti dell'obliato concittadino, riservandoci, qualora venissero in luce nuovi dati, una doverosa biografia, necessaria in questo periodo di sviluppo storico.

Del nostro autore poco si conosce, giacchè nulla egli ha detto di sè. Si sa che nacque a Teramo nel 1535 da Francesco o Ceccone di Stefano di Cola Muzii e da Vincenza Pellicciante.

A nove anni perdè il padre. Prese parte a cariche pubbliche come ci comprova una pergamena di Privilegi esistenti nell'archivio comunale di Bacucco. Morì il 20 novembre 1602.

 

 

La sua giovinezza si venne formando in tempi calamitosi e difficili, non solo per Teramo, ma per tutta la regione del vice reame. Vide giovinetto il periodo della potenza spagnola e la seguì d'anno in anno fra lo splendore e la corruzione dei partiti cittadini nei quali l'odio ardeva ferocissimo. Finchè dopo tanti danni, tante uccisioni e tanto furor di sette, per virtù di gentildonne teramane si riuscì a sopire l'odio di parte.

Fra i libri della biblioteca paterna trascorreva la maggior parte della giornata, attingendo dall'intenso e continuo studio di essi il miglior sapere che trasfuse nei suoi scritti. Il desiderio di dar principii di retto vivere al figlio Francesco lo spinse a scrivere un libro di consigli sul modo di essere un buon educatore. Tutto l'amore e tutto il sapere infonde in esso: «Io non v’ho scritto quest'opera - egli ha detto nel Proemio al Padre di fameglia - a fine che voi abbiate a sapere i documenti et gli ammaestramenti che sono in essa per averli poi a raccontar per le piazze e in conversazione delle genti e mostrarvi savio in apparenza, ma savio;. che già l'uomo non per sapere che cosa sia il bene operare, ma per bene operare vero savio si può dir, che sia». Il libro riflette come in uno specchio la vasta cultura filosofica acquistata con gli insegnamenti di tutti i sapienti della antichità e del suo tempo, e vi si tratta di tutto: onore, nobiltà, religione, giustizia e finanche la maniera per educare i figli nella famiglia., nella scuola e nella vita.

 

 

Di quest'opera che é il primo libro stampato a Teramo, nel 1591 per Isidoro et Lepido Facii Fratelli, appena un paio di esemplari ancora esistono. Tale scritto altamente morale, suscitò l'entusiasmo dei suoi concittadini e meritò gli elogi di illustri competenti, massime il Rondinelli ed il Tulli.

L'amore innato in lui verso le cose della sua città cerca risvegliarlo anche negli altri, e per vieppiù rammentarne le grandezze passate, e spronare i giovani allo studio della storia patria, in un interrogativo che si può dire sia lo spunto per scrivere la storia, egli ci dice: «Ditemi di grazia se capitasse in questa città un prelato, o un principe; o altro personaggio, ed a quel tempo voi foste uno del Reggimento, o Sindaco, e ragionando famigliarmente con voi, vi demandasse della sua orìgine, perchè si chiama Teramo, da qual potenza o re di tempo in tempo sia stata dominata, se sia stata mai disfatta, se vi sono occorsi fatti memoraioili, e se al presente vi sono cose notabili, e voi ad ogni domanda sua stringestevi le spalle non sapendo rendere conto alcuno, non vi riputeria, sto per dire, un allocco?»,

Se questa fu la prima ragione che spinse il Muzii a scrivere la cronaca della sua Patria, come afferma in più luoghi della storia e dei dialoghi curiosi, non meno cagione dovette esserne l'insistezza di monsignor Fabrizii al quale era stata mostrata la relazione composta dal Muzii in occasione della venuta in Teramo del Padre Angelo Rocca, che avendo intenzione di comporre una geografica descrizione dell'Italia chiese ai signori del Reggimento la risoluzione di vari quesiti, che fu affidata al Muzii, l'unico in città capace di chiarire i punti oscuri per Padre Rocca.

Solo un fortunato caso fece sì che un suo caro amico con esortazioni e preghiere lo spingesse all'opera. Le continue pioggie avevano nel 1595 lasciato scoperto fuori di Porta Reale un pavimento di mosaico lavorato a fioroni, e quivi ogni giorno varie persone si fermavano a discorrere e ragionare sul come quel pavimento ivi fosse fuori la cerchia della città; ed un giorno, essendovi anche il dottor Urbani, si trovò a passare il Muzii che chiamato a prender parte al ragionamento spiegò come quel sito essendo entrato nell'area dell'antica Interamnia, non era a far meraviglia ch'ivi si fosse svelato un pavimento. Ciò che dovè dire sulla distruzione e riedificazione della città, colpi tanto l'animo dell'Urbani che ad ammonire si pose il dotto concittadino, tanto da indurlo a promettergli che avrebbe dato principio alla storia di Teramo.

Consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrate con l'accingersi a questa prova, si dette ad investigare in più luoghi e pubblici e privati, fra carte e scritture per meglio avvalorare la sua opera. Materiale innumerevole gli concedeva la distrutta Interamnia dove per ogni luogo lapide, idoli, statue, monete e medaglie di ogni specie rammentavano la storia di Roma in tutta la sua grandezza. Ebbe agio di consultare il Cartulario, il Necrologio e i documenti degli archivii dei vescovati, dei comuni, delle parrocchie e dei monasteri, attingendo anche alle fonti più schiette: al popolo stesso. E tutto copiava, trascriveva, appuntava di sua mano, non risparmiando nè spese nè fatiche, nella speranza che il racconto delle antiche grandezze della nostra città potesse giovare ai concittadini.

Al principio dell'anno 1596 incominciò a stendere i suoi scritti in forma di storia, ma poi, consigliato da amici e conoscenti che ritenevano inadatto tale modo di composizione risolse di scriverla in dialogo.

L'incolto orto dell'A. dà lo spunto ai dialoghi che si protraggono per sette giorni fra Roberto Grandini e Giulio De Fabrizii: sotto quest'ultimo nome si nasconde il Muzii, mentre con l'altro ritengo sia indicato l'Urbani. Gli interlocutori vengono discorrendo delle origini della città fino alla metà del secolo XVI; e lungo il complesso corso della narrazione sono alle volte accennate e alle volte trattate ampliamente tutte le traversie della città; soffermandosi anche sugli avvenimenti del regno di Napoli e del resto d'Italia.

 

 

Non poche furono le difficoltà che l'A. dovette superare. Sostenuto però dall'incrollabile fede, e dall'altissimo concetto che aveva della sua missione, persistè e riuscì a portarla a compimento, alla non. indifferente età di 61 anni. 

I suoi dialoghi sono la sintesi fedele, chiara, ordinata, completa. di un lungo, intelligente e pazientissimo lavoro di indagini, ravvivato dal pensiero antico, dal senso liberale, dall'animo fiero ed onesto dello scrittore; Nel .passato egli è penetrato con squisitezza di senso cui nulla sfugge di rilevante, con un severo discernimento che, fra le tradizioni adulate dalla boria e dalla superstizione, gli faccia scernere il vero che sempre vi è al fondo, dal falso onde la fantasia lo rivesti.

Potrebbe sembrare che tale opera  fosse infetta di quello spirito di parte, di quel così detto campanilismo; eppure non è così! Egli attinse da qualsiasi fonte, anche da notizie orali, pur di ricercare nella sua rettitudine la verità; e da cronista antico, tutto ha riferito nel suo libro, riportando nel mondo della leggenda quanto per lui riusciva oscuro o meno attendibile dai documenti, e mai pecca per soverchio amor di patria. E leggendolo si sente nell'animo tutta la seduzione dei tempi, dell'uomo e dei fieri e bizzarri casi con tanta schiettezza. ivi scolpiti. 

Che essa abbia dei difetti va con  sè: ma che poi i limiti imposti e non mantenuti tra tradizione e  leggenda, le arbitrarie interpretazioni, la eccessiva lunghezza su minuti ragguagli; lo stile... vengano a censurare per non dire a biasimare tale opera, è voler calunniare un lavoro di non lieve utilità per i successivi storiografi.

Ma più che il giudizio di parti che potrebbero sembrare interessate, valga a far risaltare il valore di tale opera l'alta considerazione in cui era tenuta dai dotti e principalmente da A. L. Antinori, dal Toppi (Bibliot.), dal can. Andreantonelli (Storia d'Ascoli), dal P. Regi nella vita del B. Camillo De Lellis, . dal Giangiuseppe Origila (Supplemento al dizionario portatile di varii uomini illustri), dall'abate F. A. Marcucci (Saggio della storia, ascolana) da mons. Fabrizi (Delle allusioni...), dal Mommsen, dal Delfico, dal Palma, etc.

Il Muzii si dolse del silenzio dei suoi concittadini, dei quali desiderava se non il plauso almeno una benevola considerazione, ed in una terza opera Dialoghi curiosi, utili et dilettevoli di varie lettioni, facendo l'apologia della sua storia, ,alla domanda dell'interlocutore Fabrizio perchè il libro a penna non fosse dato in luce stampato, fa rispondere dall'altro interlocutore Camillo: «L'autore non ha pensiero di farlo stampare, dicendo che sarebbe opera perduta, per non avere da servire ad altri che a teramani, i quali non ne farian conto, perchè nelle proprie patrie in niun pregio son tenuti i libri scritti dagli autori delle istesse patrie. ».

La storia conosciuta manoscritta è rimasta inedita per tre secoli, fìno a che nel 1893 dopo cinque tentativi di pubblicazione, vide la luce per i torchi della Tip. del Corriere Abruzzese; ma... le pochissime copie rimaste sono diventate delle rarità bibliografiche, e se non si provvede per una ristampa essa è destinata ad essere ignorata dal popolo, cui era diretta.

 Ben a ragione il Muzii può chiamarsi il padre della storia teramana, e più che le nostre misere parole, valga per tutto l'elogio che di tale illustre suo concitadino ed amico ne fa monsignor Principio Fabrizii: In domo nobilis Viri Mutij Mutij antiquatatum ac artium omnium studiosissimi.

 

RAFFAELE AURINI

torna su