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Lucio De Marcellis - Fausto Eugeni

Storie del Campo sportivo Comunale di Teramo


 

All'inizio del '900 Teramo era una città arretrata sotto molteplici punti di vista tra i quali, non ultimo, quello della pratica sportiva, tradizionalmente limitata a pochissimi "audaci" che, negli anni '70 e '80 dell'Ottocento si erano esibiti, a rischio a volte della vita, sotto la guida del prof. Saiago, nella sala dei  locali del Tiro a Segno e poi, con i D'Alessandro e la Società Gran Sasso, nella palestra progettata da Vincenzo Pilotti in via del Burro (oggi Via Carducci), rimasta in uso fino a circa il 1920.

 Nel primo dopoguerra cominciarono a sorgere anche a Teramo squadre e sodalizi composti da sportivi dilettanti, iniziative spontanee e improvvisate, relative a varie discipline, prima fra tutte il calcio che sono ben descritte da Elso Simone Serpentini nella sua "Storia del calcio teramano". Le competizioni si svolgevano per lo più in largo Madonna delle Grazie, luogo storicamente riservato alle esercitazioni militari, alle feste popolari, persino alle competizioni ippiche ma che si rivelerà ben presto inadeguato ai nuovi tempi.

L'arretratezza della Teramo "sportiva" era sotto gli occhi di tutti e sui diversi giornali, che nei primi anni Venti ancora uscivano numerosi in città, si cominciarono ad affrontare le tematiche relative alla creazione di una squadra di calcio cittadina e all'esigenza di un campo sportivo.

 Quando nel 1926, con legge 3 aprile, venne fondata l'Opera Nazionale Balilla (O.N.B.), sotto la presidenza dell'on. Renato Ricci, la strada per acquisire i nuovi impianti si spianò all'improvviso. L'Opera Balilla doveva essere una scuola di coraggio fisico e di patriottismo e i giovani dovevano essere plasmati alla mentalità nuova del fascismo (libro e moschetto), sia in senso spirituale che in senso militare e "ginnico-sportivo": inquadrati, disciplinati e, soprattutto, pronti a dare la vita per la patria.

Indispensabile naturalmente a questo scopo era l'individuazione di nuove e funzionali strutture per lo sport. Non più soltanto le vecchie piazze d'armi ma luoghi dove si potesse esprimere e coltivare quello spirito di animata e bellicosa competizione, a volte esasperata fino alla rissa, che tante moderne discipline di squadra, il calcio su tutti, sembravano richiedere e alimentare.

A Teramo, per la verità, si erano già avviate le pratiche per dotare la città di una palestra e di un campo sportivo. L'iter burocratico che procedeva con lentezza si avviò a rapida soluzione e fu messo a disposizione il terreno lungo la circonvallazione a sud, che ancora nell'autunno del 1926 era diviso tra vari privati e coltivato a orto.

La progettazione della nuova palestra e dell'annesso campo sportivo fu affidata al teramano Ovidio Bartoli che tanti consensi aveva ottenuto nel 1912 con la progettazione dell'edificio del cinema Apollo. 

Mentre si avviavano i lavori di costruzione dell'edificio, si procedeva a spianare il terreno di gioco per renderlo fruibile nei tempi più brevi. Una prima opera di livellamento fu portata a termine già nel giungo del 1929 quando sul terreno del comunale ospitò una saggio ginnico degli studenti delle medie. L'inaugurazione ufficiale del campo si tenne solo il 27 ottobre 1929 e fu soprattutto una festa del calcio, sport emergente in tutta la provincia ma soprattutto a Teramo dove l'esigenza di un terreno di gioco regolamentare era molto sentita dagli ormai numerosi praticanti.

Nello stesso giorno però fu inaugurato il nuovo sontuoso palazzo delle Poste, progettato dal grande Pilotti, edificato al centro della città, sull'area dell'antico largo del Terriccio.

L'attenzione della cittadinanza fu solo in parte rubata dal maggior evento e al comunale si ebbe ugualmente un grande concorso di pubblico assiepato ai bordi del campo con la palestra, ancora in via di ultimazione, che occupava tutto il lato ovest del complesso.

 

Quando la Casa dello Sport era la Casa Balilla

 

 “L’8 aprile rimarrà per Teramo una data memorabile. La cittadinanza ha voluto dare uno spontaneo e libero sfogo, in occasione della visita di S. E. Renato Ricci, alla propria passione e alla propria fede nel Regime…”.

Con queste parole il Solco del 14 aprile 1934 - con l’enfasi consueta in quel periodo che oggi fa sorridere – informava sulla visita in città del presidente dell'Opera Nazionale Balilla nonché sottosegretario per l'Educazione fisica giovanile del governo Mussolini. Quel giorno fu inaugurata la “Casa Balilla” oggi Casa dello Sport, adiacente il Campo sportivo comunale “di 12000 mq”: il vecchio Stadio caro ai teramani...

“L’on.le Podestà consegnava la magnifica chiave d’argento della ‘Casa Balilla’… La porta principale della ‘Casa Balilla’ veniva aperta da S. E. Ricci che vi entrava con tutte le Autorità. Monsignore Giovanni Muzj impartiva la benedizione alla palestra e quindi S. E. Ricci passava a visitare i vari locali, esprimendo il suo compiacimento per l’arredamento della ‘Casa’ e per l’ottima distribuzione degli ambienti, corrispondenti alla necessità dell’Organizzazione.

Ammirato in modo particolare il pavimento in linoleum del salone-palestra.

Presentandosi quindi sulla terrazza della ‘Casa Balilla’ ha goduto lo spettacolo delle sue formazioni plaudenti. Mentre l’entusiasmo della folla non si stancava di elevare al DUCE inni e inneggiamenti…”

 

Il progetto e l’esecuzione dei lavori

Progettata dall’ing. Ovidio Bartoli, dipendente dell’Ufficio tecnico del Comune di Teramo, che diresse anche i lavori tra il 1930 e il 1933, la costruzione era stata destinata alla formazione fisica dei Balilla (i giovani dai 6 ai 18 anni tesserati nell’organizzazione pensata dal regime fascista). Il progetto era stato approvato il 30 settembre 1925, i lavori iniziati il 27 maggio 1929. Il primo lotto fu realizzato dall’impresa ing. Fiore grazie ai fondi elargiti dall’O.N.B. (Opera Nazionale Balilla), dalla Provincia di Teramo e dal Comune di Teramo (quest’ultimo aveva anche donato gratuitamente l’area per la costruzione della palestra ginnica – come da obbligo di legge - nel marzo 1930, terreno in precedenza acquistato da privati con iter espropriativo avviato nel lontano 6 settembre 1920, prima ancora dell’ascesa al potere del Partito Nazionale Fascista e dell’istituzione dell’O.N.B.).

Il 2° lotto, approvato con perizia del 20 gennaio 1932, comprendeva lavori di sistemazione e rifinitura esterna con adattamento architettonico stile 1900 (quindi esisteva già un progetto per una palestra), “studiato in ogni dettaglio dallo stesso ing. Bartoli” (Il Mattino, 11 novembre 1933, p. 5). (*) Il lavori (compreso l’impianto di riscaldamento a vapore) furono eseguiti dalla Ditta Pediconi e Ioannoni di Teramo, avviati nel maggio 1933 e rapidamente eseguiti entro il 28 ottobre dello stesso anno, con la costante assistenza del geometra comunale Pasquale Colleluori.

La pianta del fabbricato

Quello che pochi sanno è che l’edificio era stato progettato per essere collocato nel lato opposto del campo sportivo (dove oggi sorge la curva est). La facciata più curata dal punto di vista architettonico era infatti quella che era stata pensata per essere rivolta verso la circonvallazione.

Si decise, in seguito, di realizzare l’edificio nell’attuale sito con la conseguenza che la facciata più pregiata oggi si trova rivolta verso il campo sportivo, dove è stata in seguito realizzata la curva ovest (vedi planimetria pubblicata a pag. 33 del libro Storia del calcio teramano 1913-1983 di Elso Simone Serpentini, Teramo, Edigrafital, 1983). La pianta simmetrica, a forma di C, ha un’estensione di 1500 mq. Si è data importanza ai corridoi, come era in uso nei progetti di fine ‘800. La struttura è a muratura portante, normale in quell’epoca (l’uso estensivo della struttura portante in cemento armato sarà utilizzata a Teramo molti anni più tardi, dagli anni ’50 del novecento in poi).   

Il salone  

L’ampio salone della palestra della misura 30 x 15 m (450 mq di superficie) per 13 m di altezza, è illuminato da 13 finestroni poste sul fronte posteriore. In alto corre una balconata panoramica che si raggiunge per mezzo di due gradinate.  

 


 

Gli standard per la costruzione delle Case del Balilla in Italia

Come si deduce dal saggio di Susanna Magnelli (Servizi e istituzioni nelle trasformazioni urbane e territoriali, in «Intellettuali e società in Abruzzo tra le due guerre», a cura di Costantino Felice e Luigi Ponziani, Roma, Bulzoni editore, 1989, vol. 1, pp. 157-163), le Case del Balilla in una città della grandezza di Teramo dovevano servire l’intera città e il territorio circostante. I criteri costruttivi erano contenuti nel manuale pubblicato dall’arch. E. Del Debbio con la supervisione dell’on. R. Ricci, presidente dell’Opera Nazione Balilla. L’architettura doveva essere essenziale, simmetrica, standardizzata. Il progetto teramano di Ovidio Bartoli rispetta le dimensioni standard di Del Debbio per i servizi principali; per il resto assomiglia a una scuola tradizionale (teniamo conto che Ovidio Bartoli è il progettista anche della scuola Noè Lucidi) se non fosse per lo sviluppo in altezza della palestra che unisce due piani in un unico volume interno. Rispetto agli standard di Del Debbio la percentuale di uffici è di molto superiore (33% della superficie mentre lo standard nazionale dettato è del 6,5%) mettendo in evidenza che a Teramo la Casa del Balilla tenda a diventare la casa dell’organizzazione che la inquadra.

 Campo sportivo e palestra erano concepite naturalmente come un "corpo unico" (una sorta di campus), non privo di valenze simboliche, con il fronte "nobile" dell'edificio rivolto verso il terreno di gioco. La palestra, ultimata e inaugurata nel 1934, fu lo sfondo suggestivo delle imprese di tanti atleti e del tifo appassionato di tanti teramani.

 Per decenni infatti il comunale fu teatro di attività ginniche e sportive molto differenziate e il calcio fu per anni solo uno dei tanti ospiti. In tempo di regime furono le marce, le coreografie e i "sabati fascisti". Negli anni Cinquanta fu soprattutto l'atletica leggera, con i campionati studenteschi, a imprimere con speciale connotazione quel luogo nella memoria collettiva della città.

 Al di là però di ogni ricordo romantico, se romanticheria può definirsi la storia, va qui sottolineata la valenza del complesso sportivo sotto l'aspetto dell'originalità e del valore storico-artistico per non dire delle enormi potenzialità in essa insite, una volta che fosse recuperata a dimensioni meno calcistiche e più umane. Quel complesso ha la vocazione per tornare, con successo, all’uso iniziale e diventare la Villa Borghese aprutina, nella quale si potrà incrementare il verde (piantumando alberi), ripristinare una serie di campetti polivalenti, realizzare un anello ciclabile per i ragazzi (la pista ciclabile era addirittura prevista nel progetto degli anni Venti) e installare panchine sulle quali schiere di nonni, occhieggiando da sopra il giornale, potranno, di tanto in tanto, controllare vocianti nipoti che si divertiranno gioiosamente all’aria aperta…


Visita le foto del campo sportivo (in costruzione)

 
 

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